Primo Rinascimento (sec. XV-XVI)

Antonello da Messina

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La vita 

 

Antonello da Messina nasce nel 1430, figlio dello scalpellino Giovanni de Antonio e di Garita (Margherita). La sua prima occupazione è di pellicciaio. 

 

Nel 1450 si sposta a Napoli come apprendista del pittore Colantonio. Napoli in quel momento storico è una delle città più belle e salubri d’Europa. Proprio lì, in una corte che si era trasformata da quella angiona a quella aragonese di Alfonso I, Antonello da Messina prende confidenza con i quadri dei pittori fiamminghi che erano visibili nelle collezioni reali. 

Antonello è un giovane pittore che rimane estremamente colpito e affascinato dalle pitture che provengono dai paesi del nord, ma soprattutto dalla tecnica con cui gli artisti fiamminghi realizzavano i loro quadri. Era molto spesso una tempera grassa, al limite della pittura a olio, che lasciava sulle opere degli effetti di luce veramente straordinari. Ai fiamminghi, che abitavano ne Nord dell’Europa, mancava proprio quella luce che un siciliano conosceva molto bene. L’aria fredda del Nord è sempre fredda e trasparente, mentre, mano mano che si spinge nel Sud, l’aria si scalda e inizia a muovere la luce con un effetto corpuscolare che Antonello ferma nei suoi quadri. Dalla pittura fiamminga, Antonello da Messina inizia a cambiare subito qualcosa nei suoi quadri . Aspetto palese nel Polittico di San Gregorio (1473) commissionato dalle Monache di San Gregorio di Messina. 

 

Ad esempio, al ritratto che in Italia era fatto di profilo, lui preferisce il ritratto fiammingo .Quello di tre quarti, dove contemporaneamente si può vedere il viso di fronte e di profilo. Certo, l’ossequio fiammingo non è così esplicito ma ciò che è di interesse è il fatto che Antonello da Messina riesca a dare un’interpretazione personale ai suoi personaggi, fermando anche un aspetto emotivo, che nelle pitture fiamminghe non emerge. Infatti i personaggi ritratti dagli artisti delle Fiandre molto spesso appaiono freddi, inespressivi, algidi , cosa che sicuramente ad Antonello da Messina non piaceva. Basti pensare al sorriso beffardo del Ritratto dell’Ignoto Marinaio, conservato nel Museo Mandralisca di Cefalù . 

L’artista è con certezza nella Città dello stretto nel 1457 quando vari documenti (1460 e il 1465) attestano il suo ruolo autonomo di capo bottega.

Antonello non si ferma a Napoli , nonostante i successi raccolti in città e si mise in viaggio tra Roma, la Toscana e le Marche.

Viene così, sicuramente, a contatto con le opere di Piero della Francesca che furono importantissime per la sua formazione , soprattutto per le ricerche della prospettiva. Non cedette mai però alla rigidità di Piero che tendeva a trasformare le figure umane in figure geometriche. Su questo aspetto rimase sempre molto più morbido , e molto più attento alla realtà. 

Nel 1474 si reca a Venezia , in questo frangente viene a contatto con la bottega del Bellini che già aveva iniziato a dirigere il proprio interesse verso la pittura a olio. Al pittore messinese interessava soprattutto la ricerca avviata verso la pittura tonale: sfumature ed espedienti per descrivere le distanze con le diverse temperature del colore, cromature calde per soggetti vicini e,  invece, fredde per raffigurazioni lontane. 

Prima ancora, Antonello da Messina incontra Jan Van Eyck (Giovanni da Bruggia, nel testo di Vasari) da cui impara segreti della tecnica della pittura a olio. Molto significativa è in questo senso la pala di San Girolamo allo Studio, che rappresenta il Santo disperso in un ambiente molto più grande di lui, solitario. Vi è una descrizione gotica della stanza, ricca dei particolari che si rifanno all’iconografia del Santo come il leone e il pavone, simbolo della varietà di Cristo. Vi si ritrova l’uso di una prospettiva centrale, che i fiamminghi non conoscevano, retaggio di Piero della Francesca. 

Ambiente ampio dove il santo si perde: un’impostazione degli artisti veneti come il Bellini, protagonista era l’ambiente e il personaggio bisognava andare a cercarlo. Emerge poi l’attenzione e l’influenza di Piero della Francesca per la fuga prospettica che si allontana avvolgendo tutti i personaggi del quadro . 

 

Quello che emerge sempre è una luce corpuscolare che è una luce messinese 

Antonello da Messina è un artista che riesce a fare tesoro di tutte le suggestioni che incontra nella sua strada

 

Come il bellissimo Salvator Mundi, che ripensa alla mano che sta benedicendo , una mano che doveva essere piatta e che invece si mette in scorcio e sembra quasi uscire dal quadro. 

 

Altro esempio: il Ritratto della Vergine Annunciata, il suo più grande capolavoro. Questo dipinto a olio mostra una ricostruzione spaziale che va oltre la cornice stessa e ingloba anche lo spettatore. Antonello rappresenta la Vergine di fronte allo spettatore: illuminata da una luce che arriva dalle spalle del medesimo, come se, chi la osserva, si trovi l’angelo di fianco a sè, che le sta annunciando che diverrà Madre di Gesù . E qui subentra l’aspetto umano sempre presente : Maria distoglie lo sguardo dall’angelo, guarda lo spettatore, si copre per pudicizia. Con quel movimento genera un ulteriore movimento nel quadro, creando un nuovo piano digradante verso la figura , che si somma al leggio e alla bibbia e al tavolo di fronte a lei. 

 

Luce, spazio, colore. 

Tutto questo, alla fine del Quattrocento grazie ad Antonello da Messina. 

   

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