L’opera reca la data 1473 seguita dall’iscrizione Antonellus messanensis me pinxit e presenta, ai piedi del San Gregorio, lo stemma della Badessa Frabia Cirino. La suora, badessa del monastero di ordine benedettino di Santa Maria extra moenia o di San Gregorio commissionò l’opera.
Il pagamento di suddetta fu effettuato a rate, come si riscontra nel documento stilato dal procuratore del monastero Giacomo Rizzo in data 9 marzo 1473.
Detto procuratore si impegnava a fornire ad “Antonio De Antonio" sei salme di mosto ricavate dalla successiva vendemmia, equivalente al valore di un’oncia d’oro a saldo del prezzo pattuito, purtroppo non menzionato. Il debito fu regolarmente estinto il 18 settembre dello stesso anno.
Il polittico si compone di cinque tavole lignee ripartite su due livelli e dipinte a tempera grassa.
Fra le due tavole dell’Annunciazione, ove emergono l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata, era collocato un altro pannello raffigurante, presumibilmente, o la Pietà, o il Cristo morto sorretto da angeli e seduto su un sarcofago aperto. Il dipinto mediano è andato perduto forse già nel 1537, quando il polittico venne smembrato e portato in una sede ignota, a causa dell’abbattimento del complesso religioso dovuto alla ricostruzione delle nuove mura cittadine.
Cronache ottocentesche danno informazione sul precario stato di conservazione delle tavole poste in diversi luoghi del monastero.
Nel 1842 infatti i tre dipinti inferiori furono sottoposti a maldestri restauri effettuati dal pittore Letterio Subba, che provocarono la scoloritura della veste rosa della Madonna adagiata sulla pedana, la spulitura del trono e l’innesto di una tavola di pino in quella con San Benedetto, presumibilmente in ciliegio. Probabilmente le cattive condizioni dell’opera e le continue critiche da parte di studiosi spinsero le monache di San Gregorio a cedere il polittico al Museo Civico.
Danni irreparabili subì nel terremoto del 28 dicembre del 1908, rimanendo per giorni sotto le macerie esposto alle intemperie. L’opera fu in parte restaurata tra il 1912-1914 da Luigi Cavenaghi a Milano che tracciò il perimetro di alcune sezioni della figura di San Gregorio.
Nel 1941 intervenne l’Istituto Centrale del Restauro rimuovendo le integrazioni del Cavenaghi, mentre nel 1979 il dipinto con l’Angelo annunciante fu ripristinato da Ernesto Geraci, che terminò il restauro delle rimanenti parti tra il 1996-2006. )
Nel dipinto l’artista supera brillantemente l’anacronistica imposizione del fondo oro, richiesto dalla committente per un gusto arcaizzante e unifica lo spazio avvalendosi del grigio parapetto in muratura che si estende, come la larga base del trono, nelle tavole laterali.
Lo scomparto centrale è dominato dalla nobile figura della Vergine con il Bambino collocata sulla pedana da cui pende il magistrale brano della “Corona del Signore” formata da 38 grani; nei pannelli laterali le solide figure di San Gregorio e San Benedetto convergono verso il gruppo mariano e avanzano in direzione dello spettatore.
In tutta la composizione accanto ai preziosi dettagli e lucori di gusto ponentino si percepisce nell’uso limpido della luce e della prospettiva “ la misura di Piero “.
La poliedrica personalità artistica si afferma nel polittico di San Gregorio con equilibrata formula tra premesse culturali siciliane e napoletane già fortemente acquisite e superate con esperienze successive, ove echi catalani e fiamminghi sono dosati attraverso una moderna visione pierfrancescana arricchiti dalla conoscenza veneta col Bellini e da contatti veronesi e padovani.
La maturità dell’impostazione spaziale e la qualità dell’invenzione figurativa resa perfetta nella minuzia del dettaglio, pone Antonello in circuito di ampio respiro, partecipe con un linguaggio proprio nelle vicende dell’arte italiana del Rinascimento.